La pandemia ci sta insegnando “digitalmente” qualcosa?

Con il digitale ci lavoro, quindi la mia routine lavorativa prevede che io sia attaccato ad un computer/smartphone parecchie ore al giorno.

Eppure in questi giorni, talvolta, ne ho un po’ la nausea.

A parte questo, però, ho chiesto qualche giorno fa a mia moglie: come avremmo fatto anche solo quindici anni fa con questa pandemia senza la tecnologia di oggi?

Non vorrei sembrare retorico.

Non è il mio obiettivo, ma non posso negare (ad esempio) che chi fino a quando non è stato costretto alla reclusione, avesse una sorta di repulsione per il digitale, sottolineandolo quasi come un vanto, oggi sta un po’ rivalutando la questione.

Prova a pensarti con in mano un semplice telefono cellulare, non smartphone.

Con in casa una connessione a 56K o ISDN, ADSL solo se tra coloro che avevano voglia di spendere un po’ per scaricarsi musica o film.

Non è detto che nel 2005 tu avessi un computer in casa, certo non si tratta dell’età della pietra ma una generazione sicuramente non lo avrebbe avuto, come non lo ha tutt’ora (con la differenza che grazie al telefono riesce a fare ciò che non avrebbe mai pensato di fare).

Un rapporto Eurosat faceva emergere come l’Italia degli internauti occupasse gli ultimi posti nell’Unione Europea in quanto a utilizzo della rete.

Era solo del 31% infatti la percentuale di persone nel nostro paese che avevano utilizzato nel primo trimestre 2005 la connessione ad Internet.

Secondo una ricerca del Censis dell’epoca solo il 30 % degli italiani dai 14 anni in su usava internet e un risicato 10 % con la cadenza “tutti i giorni o quasi”.

Adesso prova a pensarti in quel periodo, cosa faresti se fossi costretto a rimanere in casa?

Non passeresti il tempo su Facebook, non avresti le chat di Whatsapp.

Lo smart working sarebbe possibile, probabilmente, ma in modo differente.

Forse solo per i più tecnologicamente avanzati sarebbero state possibili “call” con NetMeeting.

Probabilmente scaricheresti compulsivamente film su Megaupload o tramite eMule.

Non sapresti di certo cosa è Twitter e Youtube sarebbe agli albori (nato nell’Aprile del 2005).

Forse avresti un Blackberry che ti permetterebbe di gestire la posta elettronica del lavoro anche in mobilità, il tuo Nokia di certo non avrebbe problemi di carica.

Se tu fossi un’insegnante avresti difficoltà ad imporre alle famiglie Skype (che nel 2005 stava implementando a livello di test le videochiamate), forse i ragazzi più grandi li riusciresti a coinvolgere con MSN, il sistema di messaggistica Windows Live, all’epoca usato dagli adolescenti più “smart” in alcune parti del Paese.

In realtà piattaforme di e-learning esistevano già, ma il mondo dell’istruzione pubblica non era (come dire) del tutto pronto.

Ad inizio degli Anni Duemila in Italia ancora la televisione aveva la meglio su altre forme di passatempo casalingo, quindi sarebbe decisamente accesa nelle case di tanti parecchie ore al giorno.

Non sto qui a ricordare eventi socio-politici di quegli anni, che avrebbero comunque fatto vivere la pandemia in modo sicuramente diverso da ora.

Ma a parte ciò, forse possiamo ritenerci fortunati, oggi.

Possiamo restare in contatto con le altre persone, anche se mediato, ma mai come ora si sente l’esigenza di chiamarsi, video chiamarsi e scambiarsi battute in chat.

Le cose scontate, ora non sembrano più tali.

Se fino a qualche mese fa ci sentivamo quasi importunati dal web e temevamo per la nostra privacy, oggi ne abusiamo compulsivamente quasi per sopravvivere.

Eravamo indietro e anche oggi esiste un digital divide importante, diciamo però che l’emergenza ha costretto tanti ad adeguarsi e a “formarsi”.

Se oggi la scuola dichiara di essere pronta ad affrontare anche un nuovo anno scolastico a distanza, vuol dire che qualcosa di grande è accaduto.

Se il digitale ha abbattuto alcune barriere, preconcetti e paure di salti nel buio in vari ambiti, ha avvicinato in un qual modo anche le persone alle Istituzioni.

Le dirette dei Sindaci, degli assessori regionali, del Presidente del Consiglio sono seguitissime … si attendono notizie e si sta imparando giorno dopo giorno che le fake news sono sempre dietro l’angolo e che è importante la verifica delle fonti ufficiali.

Non è che i social stiano migliorando la vita di tutti noi, tuttavia sto riscontrando che la forzata digitalizzazione sta facendo nascere un po’ più di domanda di consapevolezza e questo mi consola.

Il livello che si stava raggiungendo era davvero pericoloso.

Il Corona virus non ha spazzato via le bufale, le stupidaggini, gli haters o i tuttologi laureati su Facebook, però ha permesso che si creasse qualche “anticorpo” in più.

Il digitale ha donato e sta donando tanto a tanti di noi: passatempi (anche intelligenti), possibilità di informazione, approfondimento e studio, accesso libero a dati e servizi, agevolazioni …

Quindici anni fa sarebbe stata la stessa cosa?