Come sei percepito/a?   

Una domanda che pongo a professionisti o imprese con cui lavoro quando iniziamo un percorso insieme è:

come ti descrivono i clienti?

Molti rimangono sorpresi e non sanno bene cosa rispondere, oppure lo fanno, dichiarando che secondo loro i clienti li reputano (genericamente) affidabili. 

Tuttavia, pochi hanno la consapevolezza di questo aspetto, che invece è davvero fondamentale.

Perchè?

Sapere con quali aggettivi, caratteristiche o valori ci descrivono gli altri è un vantaggio enorme.

Abbiamo bisogno di comprendere come siamo percepiti e verificare se ciò corrisponde con quello che pensiamo di essere. 

A questo step si aggiunge ovviamente tutto lo studio e l’analisi del proprio posizionamento (valori, usp, tono di voce) ma confrontarlo con la realtà ed il percepito altrui diventa un elemento strategico.

Se nella nostra descrizione diciamo di essere attenti al cliente e gli altri ci descrivono come distratti o frettolosi probabilmente c’è qualcosa che non torna.

Se partiamo da zero dobbiamo configurarci 3 aggettivi (sostenibili e adeguati al nostro contesto) con cui vorremmo che le persone ci identificassero e a quel punto dobbiamo perseguirli con coerenza. 

Capire come appariamo agli altri ci mostra la strada: i miglioramenti che dobbiamo apportare o ciò che è da consolidare.

Si tratta di il primo passo per analizzare la nostra reputazione.

Come possiamo fare per carpire queste informazioni?

Intervista i tuoi clienti, potrai trarne informazioni utilissime. 

Puoi mandare loro un questionario, incaricare terzi di contattarli a tuo nome (avvisandoli e chiedendo il loro consenso), monitorare se ti citano sul web oppure quando ti capita puoi chiedere direttamente a loro mentre magari parlate anche d’altro.

Mantenere come procedura la verifica della soddisfazione dei tuoi clienti è comunque importante, pertanto potresti cogliere l’occasione per verificare entrambi gli aspetti (soddisfazione e percezione).

E se le aspettative che ho non corrispondono a ciò che i clienti pensano di me?

Distinguiamo due casi:

  • se pensano o hanno pensato e non hanno lasciato traccia 
  • se oltre ad avere pensato qualcosa di noi lo hanno riportato da qualche parte

In entrambe le situazioni è nostro preciso dovere cercare di intervenire su noi stessi o sulla nostra “squadra” per capire cosa ci allontana dagli obiettivi che ci siamo dati. 

Questo lavoro potrebbe portare alla luce aspetti su cui non siamo consapevoli, ma che dipendono da ciò che indirettamente trasmettiamo ai nostri interlocutori con la comunicazione non verbale, con i nostri messaggi (email, whatsapp, sulle chat) o quando abbiamo avuto delle conversazioni dirette con loro. 

Vado dritto al punto: difficilmente ti trasformerai in persona affabile, se non lo sei davvero.

Ritengo improbabile che l’empatia che sbandieri ti sia riconosciuta se effettivamente non hai quel dono. 

Magari potresti rendere più che soddisfatte le persone con un lavoro o un prodotto impeccabile, ma scoprire che i tuoi clienti hanno notato la tua insofferenza nei confronti delle richieste di assistenza. 

Per comunicare la nostra presenza sul mercato abbiamo bisogno non solo di alzare la mano e mostrarci, ma come dice Al Ries:

l’obiettivo principale di un programma di branding è sempre la mente del potenziale cliente

Come possiamo posizionarci nella mente del nostro potenziale cliente?

Conoscendolo innanzitutto e cercando di comunicare non (solamente) prodotti e servizi, ma la nostra essenza, la nostra unicità, il perchè rivolgendosi a noi potrebbe essere vantaggioso per lui/lei.

Potremo riuscire in questa impresa se avremo chiari i nostri perchè, i nostri valori, il nostro essere e la modalità con cui proporli al mercato.

Adesso spero ti sia più chiaro il perchè dovresti anche tu farti questa domanda:

come ti descrivono i tuoi clienti?