Notiziabilità: definizione

È l’idoneità di un fatto a trasformarsi in notizia. Si tratta di un neologismo che proviene dal sostantivo inglese newsworthiness (dignità di notizia, capacità di valere come notizia) ed è frutto della elaborazione teorica dei sociologi della comunicazione americani che, analizzando l’esperienza concreta, hanno coniato l’aggettivo tecnico newsworthy (notiziabile). Nel linguaggio pratico delle redazioni l’espressione non è quasi mai usata. I giornalisti preferiscono dire che qualcosa ‘fa o non fa notizia’. Tuttavia l’elaborazione teorica sulla n. ha portato a individuare dei criteri generali e formali che i giornalisti possono adottare per selezionare i fatti, decidere quali di essi sono notizie, e stabilirne l’importanza. Tali criteri sono tantissimi. Proviamo a catalogarli distinguendo tra criteri fondamentali e criteri secondari. I primi sembrano essere imprescindibili e di indubbia rilevanza. I secondi sono meno importanti, vengono usati con minore frequenza e spesso sono soltanto complementari ai primi.  Antonio Preziosi (inviato GR Rai) –  “La Comunicazione”.

Wikipedia definisce notiziabilità come “attitudine di un evento a essere trasformato in notizia“.

Notiziabilità: il “dramma” del quotidiano

Nel mio lavoro ogni giorno mi incontro e mi scontro con questo dilemma.

Non lavoro per una testata giornalistica attualmente, vengo a contatto nel mio lavoro di ufficio stampa con una serie di eventi ed accadimenti.

Pochi di essi però sono assimilabili a notizie.

Per me questo è un concetto molto chiaro, che ho imparato sul campo e con l’esperienza. Ma per i non-addetti-ai-lavori-in-ricerca-di-visibilità questo aspetto è alquanto sconosciuto.

Capita spesso di constatare come il termine NOTIZIA sia assolutamente equivocato e bistrattato dai più, etichettabili come sopra.

Il più delle volte ci viene chiesto di enfatizzare o comunicare un qualcosa che è mera promozione, magari con dose accentuata di autoreferenzialità, che si fa sfuggire invece occasioni dove la notizia c’è o si potrebbe trovare ma non viene percepita proprio per questa sorta di “disfunzione” in cui il proprio ego, la concezione troppo elevata di sè, prevalgono sulla ragione e sulla verità delle cose.

La mia è una lotta semi-quotidiana con chi percepisce il lavoro giornalistico come promozionale, con chi scambia il giornalismo per propagandismo o come strumento di interscambio.

Ho la fortuna di lavorare in un ufficio stampa e di fare anche il giornalista quindi cerco di capire le esigenze di una professione e dell’altra per arrivare a quella sana mediazione per cui cerco di fornire servizio utile al committente e al destinatario.

Ma a mio parere si sente sempre più l’esigenza di formarsi adeguatamente, di provare a comprendere anche per chi giornalista non è certi crismi e certi modi di fare e di essere, quelle esigenze e quelle procedure che derivano da una professione che come le altre ha i suoi modus operandi.

E a proposito di formazione…negli scorsi giorni ho avuto occasione di partecipare ad un corso (per i fatidici crediti formativi da acquisire annualmente) in cui si è dibattuto sul rapporto tra ufficio stampa e media in ambito sportivo. Chiaramente le maggiori interlocuzioni si sono avute sul mondo del calcio e sul come oggi sia davvero difficile fare giornalismo quando le notizie vengono fornite (magari ottimamente) dagli uffici stampa a tutti in modo indiscriminatamente uguale.
Mi è sembrata una riflessione importante ed una discussione che non ha portato chiaramente a soluzioni immediate ma penso sia un tema davvero interessante e che meriti una elaborazione di soluzioni il più possibili condivise. Anche se si contrappongono esigenze diversissime. I quotidiani inevitabilmente si scontrano con le testate web, proprio a fronte di nature ed esigenze differenti connaturate nel loro essere e nel loro fare informazione.

Questo porterebbe comunque a fare due tipi di riflessioni:
– le trasformazioni della professione giornalistica nell’era del web
– la titolarità di diverse forme di giornalismo e il loro scopo

Ecco che il concetto di notiziabilità diventa davvero una chiave di volta.

Perché se non voglio ripetere ciò che sanno tutti i miei colleghi (e seppure amici, magari concorrenti sul mercato) anche se in forme e modi diversi è chiaro che è necessario diversificarsi, innovarsi e provare a cercare esclusive ed altre strade.

Dall’altro lato però le esigenze aziendali che l’ufficio stampa traduce però non lasciano spesso troppo spazio all’esclusiva o al giornalismo d’assalto.

Quindi se in certi momenti la fonte è unica la notiziabilità diventa davvero questione di “pensiero laterale”?