Parto da un’analisi su alcuni dati politici per un post che non vuol certo parlare di politica.

Se andiamo a vedere i dati anagrafici degli elettori della Brexit e dell’elezione di Donald Trump possiamo constatare che a determinare i relativi risultati che si sono rispettivamente conseguiti sia stato un voto “agee”.

Per confutare il fatto che i giovani siano in balia del mondo adulto è possibile osservare oggi il mondo del lavoro e della politica stessa.

Ma non solo.

Guardiamoci intorno.

Le scelte dei “padri” ricadono sui figli necessariamente e questo è assolutamente vero ed accettato.

Ma anche quando i figli diventano padri a loro volta c’è sempre chi ha più esperienza e chi sceglie per loro.

Chiarisco subito che non inneggio ad una battaglia generazionale o di rottamazione forzata.

Tuttavia ho la consapevolezza e la certezze che la generazione precedente alla mia ci abbia lasciato il mondo così com’è e che anche oggi pretende di governarlo allo stesso modo per non dare troppo spazio a chi è ancora troppo “inesperto”.

Proviamo a pensare a qualsiasi aspetto della nostra vita.

Sono un under 40* ma sul lavoro ancora sono considerato assai giovane.

Da un lato essere giovani è una condizione che cerchiamo di mantenere per tutta la vita e quindi fa assoluto piacere esserci ancora dentro, ma quando razionalizzo la cosa penso che si stia rasentando l’assurdo.

Sgombro il campo anche da un altro possibile retropensiero di chi magari sta leggendo e non mi conosce a fondo: sono per la meritocrazia nelle cose e non per la rappresentazione di singole categorie (le quote rosa, le quote giovani… non mi interessano).

Chi merita di stare dove sta non ha età o sesso che ne possa determinare in qualche modo la legittimazione o meno.

Tuttavia porto ad esempio la questione generazionale perché quando guardo al Paese in cui vivo e lavoro mi rendo conto che vi sia un grave problema (tra gli altri).

Non possiamo essere soddisfatti e restare a guardare, ma se nessuno prova a mettersi da parte o pensare a “noi” piuttosto che al proprio privilegio come possiamo reagire?

Io sono uno di quelli che probabilmente non avrà mai una pensione statale, eppure c’è chi ne gode e vuole decidere per me.

Viviamo una realtà dove molto spesso sono i nonni a mantenere i figli ed i nipoti, perché questi non hanno le stesse possibilità di cui in passato hanno goduto loro.

Senza voler fare una pubblica accusa ad personam sono convinto che per imparare si debba essere messi nelle condizioni di sbagliare e correggersi.

Si accusano le nuove generazioni di superficialità e di pressapochismo.

E non nego che spesso sia così.

Ma non possiamo addossare colpe a chi si trova con le ali tarpate o assolutamente deresponsabilizzato, condannato a fare stage gratuiti o quasi fino alla comparsa dei primi capelli bianchi, quando forse qualche piccola poltrona si sarà liberata e saremo legittimati ad occuparla perchè per l’anagrafe non saremo più inesperti.

Come possiamo educare i nostri figli se non combattiamo tutti i giorni con loro e non scegliamo la strada più facile del lassismo?

Si parla della debolezza adolescenziale, ma dovremmo parlare di quanto noi adulti siamo deboli, perchè ancora incatenati ad altre generazioni che ancora non ci consentono di maturare e crescere e così via.

Una catena che fintanto non si spezzerà probabilmente sarà destinata a proseguire.

Ecco perchè portavo l’esempio politico, perchè se guardiamo anche in casa nostra proviamo a pensare i poteri forti in mano a chi sono e che età hanno queste persone.

Molto spesso poi si parla di accompagnare i più giovani in percorsi formativi, anche se spesso questo significa per i giovani fare da segretari o portaborse vita natural durante (pensiamo alle cattedre accademiche tanto per dire).

Non vorrei sfociare in qualunquistici racconti e mi limito a portare la mia esperienza.

Ho scelto la libera professione dopo alcuni anni di dipendenza a tempo indeterminato.

L’ho fatto per sopravvivere perché stavo attraversando troppe pene e perchè (lo ammetto) potevo rischiare vista la condizione più stabile di mia moglie.

Ho fatto un salto e sono stato fortunato.

Ma sudo ogni giorno per mantenere il mio status come è giusto che sia e come deve essere.

A parte ciò la mia riflessione parte da quello che faccio.

Lavoro nella comunicazione. Nel web. Con e per il web.

Sono nato alla fine degli anni Settanta e non sono nativo digitale.

Eppure ho la fortuna di aver avuto accesso alla rete presto ed essermene appassionato.

Pensate all’assurdo.

Visto il lavoro che faccio e che passo ore attaccato ad un device o un computer, fino a poco tempo fa c’era chi mi poteva considerare alienato.

Oggi è normale.

Una persona che si scopre solo in tarda età a dover utilizzare la rete e che magari ha ruoli decisionali forti o ha una mente molto smart ed acuta, altrimenti come potrà sviluppare la consapevolezza che su questi mezzi o ci si investe o si va ko?

Eppure in Italia ancora tante aziende non sono sbarcate completamente sul digitale (e dico egoisticamente per fortuna visto il lavoro che faccio, aumentando così la plectora di possibili clienti) proprio perché sono ancora nel limbo di decidere se farlo o meno o perché magari alla guida hanno persone che bloccano queste scelte.

Ecco il nodo.

Ci sono persone (non necessariamente di età avanzata) che con la loro testardaggine e spesso ignoranza nel vero senso del termine bloccano i processi di crescita e cambiamento.

E noi siamo in balia di gente così.

Spesso sul lavoro, ma non solo.

Ecco perchè punto sulla “formazione”: mia in primis e delle persone a cui la propongo in secondo luogo. Il mondo adulto deve essere formato al pari di quello giovanile.

Conoscere e capire è il modo più sano per aprire la mente e gli occhi, senza paura.

“dicono che noi ci stiamo buttando via ma siam bravi a raccoglierci.” (Luciano Ligabue)

* quando l’articolo è stato scritto avevo quell’età