Veniamo scelti anche per i nostri difetti.

Lo sapevi, vero?

Vorrei raccontarti la mia esperienza per spiegarti cosa intendo.

Adoro fare formazione e mi dà molta soddisfazione.

Cercare di essere di aiuto per qualcuno è una sensazione che mi rende felice.

Sono anche io in formazione costante, cerco di aggiornarmi ed anche di migliorare le mie modalità espressive, di coinvolgimento e di esposizione.

Non amo particolarmente quei “clichè” per cui i formatori dovrebbero fare X, parlare nel modo Y e atteggiarsi a Z.

Non discredito affatto chi insegna a stare sul palco, ad avere la postura corretta, ad usare bene la voce, ci mancherebbe.

Avere consapevolezza della propria voce nel suo utilizzo durante l’esposizione pubblica, saper mantenere viva l’attenzione e fornire materiali di supporto (come slide) efficaci credo siano aspetti importanti e da curare al meglio.

Le formule preconfezionate non funzionano in assoluto, debbono essere prese come linee guida a cui tendere, per avere sempre il desiderio di migliorarci.

Credo molto nella comunicabilità del nostro essere, attraverso ciò che siamo realmente.

D’altronde non si deve e non si può piacere a tutti.

Ecco perché preferisco fingere poco ed essere naturale, anche con le mie imperfezioni.

Imperfezioni che mi interessa migliorare, ma che mi rendono “unico” in un qual modo.

Certo, gli errori grossolani vanno corretti, ma le piccole sbavature fanno parte del gioco.

Nella formazione, come nella consulenza, quello che conta sono le persone, quello che sentono quando dall’altra parte c’è qualcuno come loro, che prima di tutto si impegna a trasmettere la propria esperienza.

Se non è tutto perfetto, pazienza.

Ciò non significa che non abbiamo il dovere di migliorarci o non sentire questo impulso a farlo, ma gli standard non portano a comunicare in modo vero con le persone.

Che si rivolgono a noi, perché in noi trovano un’umanità che li convince e che li attrae in un qualche modo.

Questo significa comunicare.

Tante volte ci sforziamo di raggiungere la perfezione tecnica o di applicare il modello teorico e non otteniamo risultati.

Iniziamo ad interessare gli altri quando capiscono chi siamo, quando comprendono il nostro sapere e valore, ma anche la nostra umanità ed i nostri limiti.

Meglio essere autentici, dunque, senza finzioni.

Senza rinunciare alla correzione di quelle sbavature che siamo in grado di sistemare…ma senza essere costretti ad interpretare ruoli al di fuori della nostra portata, linguaggi che non ci appartengono e che talvolta ci coprono di ridicolo.

Chi è autentico, assume la responsabilità per essere quello che è e si riconosce libero di essere quello che è. (Jean-Paul Sartre)

Non aver timore di essere chi sei e inizia a comunicare.

Sii te stesso se giri un video, se registri un podcast, se scrivi un testo o se ti fai una foto.

Racconta quello che sei e il perché delle tue scelte.

La finzione non è una soluzione.

Sul mio canale Telegram ogni mattina mi impegno a condividere qualcosa di utile, è anche questo un modo per far capire chi sono.

 

(Photo credits: Artem Maltsev on Unsplash)