Parla come mangi!

È un modo di dire ma si adatta bene al contesto della comunicazione.
Lo si dice a chi parla difficile quando non è necessario.

Abbiamo visto in precedenza che per comunicare con efficacia si deve avere consapevolezza, bisogna conoscere bene il messaggio che si vuole trasmettere e sapere a chi ci rivolgiamo con esattezza.

Ma non basta…

Al di là dell’interlocutore (con le dovute differenze di tono e contenuto) è importante semplificare il linguaggio, come è semplice il nostro modo di mangiare.

Non si tratta di svilire, banalizzare, abbassare il livello.

Ma di essere maggiormente comprensibili e quindi compresi.

Utilizzare un linguaggio forbito, verboso, è forse una prassi che abbiamo imparato a scuola, quando per mostrarci bravi facevamo sfoggio di vocaboli dello “Zingarelli”.

Oppure nei documenti della Pubblica Amministrazione o in quelli del mondo giuridico-legale-notarile ancora oggi si trovano forme eleganti ma di difficile costruzione.

La lingua italiana è meravigliosa e complessa allo stesso tempo.

È una lingua molto ricca, difficilmente vi sono così tanti sinonimi per ciascuna parola in altre lingue.

Ma per comunicare abbiamo bisogno di non essere equivocati, ma soprattutto di essere compresi dai nostri interlocutori.

Pensiamo alla comunicazione scritta, in primis.

Ti faccio l’esempio di alcune cartellonistiche, come ad esempio quelle che tutti noi vediamo sui treni.

Non ti sembrano un po’ contorte ad esempio?

Le consideri efficaci?

Tanto più il messaggio finale è condito di virtuosismi, tanto più rimane nascosto.

Ora so bene che alcuni professionisti storceranno il naso.
Se sei tra questi penserai che usare una terminologia da “signora Maria” non sia adeguato per il tuo profilo professionale.

In realtà non sto affatto dicendo che si debba tralasciare una forma corretta e altresì ricca di vocaboli, ma non c’è bisogno di virtuosismi inutili.

Per comunicare è necessario puntare all’efficacia: è quella l’unico obiettivo da raggiungere.

Se non siamo concreti non stiamo comunicando, stiamo solamente facendo un esercizio di stile utile al nostro ego, che rileggendo quanto abbiamo scritto ci regalerà endorfine.

Ma farci ascoltare è tutto un altro sport.

Non solo, comunicando abbiamo bisogno che chi legge/guarda/ascolta empatizzi con noi e con quanto diciamo/scriviamo.

Altra obiezione: i miei colleghi/competitor mi esporranno al pubblico ludibrio se non uso un linguaggio formale adeguato alla nostra categoria.

L’invidia è sempre in agguato, se il competitor non sa comunicare allora è un suo problema.

Se comunico, comunico per i miei colleghi o per i miei potenziali clienti/utenti?

Attirerò l’attenzione di una persona che non fa il mio mestiere utilizzando latinismi o gergo tecnico?

Oppure posso spiegare lo stesso concetto con una forma corretta ma più immediata?

Pensa al risultato finale.

Pensa che la comunicazione, quindi, non è un esercizio di stile.

Parla come mangi.
🙂

comunicazione

Foto credits: Di Steno – Screenshot of Un americano a Roma, film by Steno (1954)