Lo ammetto.
Sono uno dei dieci milioni di italiani (dati Auditel) che ha guardato il 69° Festival della Canzone Italiana.
Lo faccio da sempre, da quando ne ho memoria.
E’ una tradizione che mi diverte.
Non ho un orecchio particolarmente fine, nè una cultura musicale.
Guardo, ascolto e giudico con la pancia.
Commento uno spettacolo televisivo che mi lega a tantissimi ricordi.
E ci gioco su.
Ne ho fatto da settimane il mio piano editoriale sul profilo personale di Facebook.
Ho scelto il social blu nella sua veste prettamente personale per giocare con gli amici (che spesso apprezzano) e per divertirmi un po’.
Ho scelto di non farlo su Twitter o Instagram (dove ho account legati alla sfera professionale).
Sono giornalista pubblicista, nato più in ambito sportivo amatoriale che musicale, mi diverto a fare (indegnamente) il “Luzzato Fegiz” della situazione e pur non avendo mai messo piedi a Sanremo durante il periodo giusto ed all’Ariston, gioco a commentare quello che accade nei giorni in cui l’Italia nazionalpopolare concentra le sue attenzioni sulla riviera ligure.
Ma che c’entra tutto questo con un blog sulla comunicazione digitale?
Non commenterò l’edizione 2019, ma vorrei fare alcune riflessioni rispetto a come sta evolvendo la fruizione degli spettacoli tra televisione e social network.
Rudy Bandiera in un suo post fa una considerazione interessante.
Stiamo su Netflix un’ora, quando decidiamo NOI e per guardare una puntata della serie che ci piace, non 4 ore quando decidono ALTRI per vedere persone che non conosciamo cantare canzoni ma sentite.
Molto vero quello che dice Rudy.
Eppure Sanremo ancora tiene botta.
Ma sono altresì convinto che il mondo della televisione debba prendere atto che l’intrattenimento oggi è cambiato e la fruizione dello stesso avviene con tempi e modi alquanto diversi.
Ed è vero che oggi parlare di Auditel conta poco che se non si incrociano i dati con gli accessi alle piattaforme web (Raiplay nel caso sanremese) ed i social.
Tanto sta che i vertici RAI si dicono soddisfatti perché coinvolgendo alcuni artisti legati ad un pubblico più giovane anche quella fascia di utenti che tradizionalmente ignoravano Sanremo, quest’anno l’hanno seguito.
Interessante il lavoro fatto da Franz Russo con Talkwalker, in cui serata per serata sono stati analizzati i dati relativi all’utilizzo del social.
“Twitter e Instagram si dimostrano i canali più usati sebbene con caratteristiche: il primo si presta al racconto live, mentre il secondo risulta in grande accentratore di engagement, quindi di coinvolgimento. Non è infatti un caso che il contenuto più condiviso di ogni serata sia sempre su Instagram.”
Fare intrattenimento oggi significa farsi scegliere da una platea che ha tantissime opportunità di fronte a sè.
E vari strumenti diversi l’uno dall’altro.
Prova a pensare a perchè Facebook sta puntando sul suo canale video Watch, Instagram ha creato IGTV.
Amazon con Prime ha creato un servizio di fruizione contenuti video e musicali, Netflix sia utilizzatissimo, Sky da tempo ha servizi on demand….
Non siamo più ai tempi del monopolio televisivo.
Sanremo è un prodotto che si ripete nel tempo da settanta anni.
Sanremo è Sanremo.
Ancora chi come me è legato a questo evento esiste, certo che alla lunga si avvererà ciò che dice Rudy, tuttavia credo che nonostante il rito sia ancora lungo e lento, man mano alcuni concetti inizino ad emergere, tanto che i vetusti vertici RAI o il sessantottenne Claudio Baglioni se ne siano accorti.
Pertanto, se anche tu fai intrattenimento (anche ai livelli più bassi, non importa organizzare Sanremo), valuta attentamente (nel tuo piccolo) quello che offri, come lo offri e dove lo offri.