Suonare campanelli, fare telefonate, inviare pubblicità cartacea, fare inserzioni pubblicitarie sui quotidiani funziona ancora?

I “commerciali” vecchio stampo fino ad una ventina di anni fa si muovevano in questo modo: scarpe consumate, chilometri in macchina, pantaloni sgualciti a causa del sedile dell’auto, cravatte allargate, strette di mano decise, battuta pronta e sorrisi stampati.

Suonavano in ufficio o previo appuntamento telefonico ti si palesavano davanti personaggi che oscillavano tra l’essere bravi, aggressivi, incapaci o originali.

Ti presentavano il loro meraviglioso prodotto e non se ne andavano fino a quando non ottenevano una risposta.

Oggi funziona ancora così?

Il web ha introdotto anni fa la possibilità di far visionare banner pubblicitari agli utenti, sui siti che li ospitano.
Ma quanto rende una pubblicità del genere, oggi?

Nell’era della TV fai da te e dei social ha senso investire in spot pubblicitari in televisione, radio e cinema?

Mi faccio spesso tutte queste domande.
Ho a che fare realtà (variegate) che utilizzano o hanno utilizzato tutto ciò.

Ed io cosa offro loro?

Parlo di fare marketing che non sembra marketing, di offrire gratuitamente contenuti, di non invadere gli spazi in modo pedante, di non ossessionare, di farsi trovare e di non andare alla ricerca ossessiva del cliente.

C’è chi mi guarda con gli occhi sbarrati e quando non lo dice direttamente pensa che tutto quello che propongo sia “fumo”: inutile e inefficace.

In fin dei conti il mercato va aggredito, nessuno regala nulla e il web è … effimero, virtuale.

Dico tutto questo con malcelata ironia.

Smontiamo i luoghi comuni che si nascondono dietro a tutte queste illazioni, fatte da chi è fondamentalmente spaventato/a e non ha capito che le cose non sono immutabili.

1) Il web non è un mondo virtuale, innanzitutto.

Non stiamo giocando a Fortnite, ma stiamo parlando di comunicazione.
Di intercettare i bisogni reali degli utenti (che popolano a milioni web e social, per tante ore al giorno, tutti i giorni) e di comunicare con loro in modo positivo, efficace e vero.

2) Tempo al tempo.

Se ti interrompo mentre stai facendo qualcosa e di certo non stavi pensando a me o al mio prodotto/servizio che percezione avrai?
Se hai installato Trucaller sul tuo smartphone sai benissimo di quello di cui sto parlando.

Le telefonate dei call center rompono…

Godi quando il tuo film, partita, concerto, spettacolo si interrompe per dare spazio alla “reclame”?

Ti interessa vedere quegli spot? Birra quando sei astemio, pannolini quando non hai figli o nipoti, assorbenti quando sei in menopausa?

Bene.

Il “fumoso mondo digitale” riesce a parlare alle persone realmente interessate, a non interromperle ed anzi a farsi trovare quando le persone hanno bisogno proprio di quella cosa.

3) Fiducia e fidelizzazione.

Se circuisco un tale e gli riesco a vendere qualcosa, quanto questa persona alla lunga ne sarà soddisfatta?
Che ricordo avrà di me, poi?
Cosa dirà in giro del mio “brand”?
Quanti venditori poco bravi hanno rovinato la percezione del marchio agli utenti?
E quanti, invece, hanno fatto il contrario?

Se instauro un rapporto onesto, trasparente (cosa ho da nascondere?), utile, cosa accadrà con molta probabilità?

Che la persona avrà iniziato a conoscermi attraverso i miei contenuti (utili, di valore) e avrà misurato il mio carattere e temperamento a seconda di come mi sono rivolto alla persona X o Y che ha commentato il post… e man mano capirà con chi avrà a che fare.

Con particolare riferimento al punto 2 prova a pensare: quando le persone sono pronte all’acquisto di qualcosa?
Quando lo dici tu o quando lo dicono loro?
Cosa succede oggi?

Molto probabilmente le persone che sanno di avere un bisogno fanno ricerche e Google/Youtube diventano strategici per loro, per raggiungere dei risultati.

Se vuoi accompagnare le persone nel loro processo di scelta allora non puoi importi o fare pressing psicologico se vuoi ottenere risultati ottimali, sani e duraturi.

Ti faccio un’altra confessione: seppure io segua e sia convinto che il Terzo Settore sia un mondo straordinario e che vada aiutato e sostenuto, sono indignato quando vedo rispettabilissime organizzazioni avere dei banchetti in strada in cui ragazzi/e ti approcciano in modi discutibili chiedendoti una donazione e provando a giocare sul senso di colpa. Me lo sono ripromesso: una volta che mi accadrà di nuovo e avrò cinque minuti di tempo e lucidità mi fermo e racconto loro quando sia controproducente il loro lavoro su persone come me.
Si parla di disgrazie, ingiustizie sociali, disagi profondi e mi sento profondamente indignato al pensiero che al pari del venditore di enciclopedie mi si propini una vendita che dovrebbe essere una donazione consapevole e volontaria, magari giocando sul senso di colpa e con un approccio che oserei definirei “violento”, quasi di sberleffo e poco educato.

In conclusione credo sia opportuno ricredersi sui luoghi comuni e fare una profonda riflessione sul nostro atteggiamento nei confronti del marketing e della comunicazione.

Farsi scegliere è sicuramente più vantaggioso che supplicare, convincere, rincorrere, o no?

E’ possibile farlo, attraverso una strategia di marketing che si basi sui contenuti.

Non è un percorso immediato e semplice, non ti dirò mai il contrario, ma che porta benefici e risultati.

Dobbiamo smettere di interrompere ciò a cui le persone sono interessate ed essere ciò a cui le persone sono interessate (Craig Davis)