Il content marketing non è una televendita 

Se circuisco un tale con i classici trucchetti di vendita e lo convinco a prendere qualcosa, quanto questa persona ne sarà consapevole ed alla lunga soddisfatta?

Se qualche volta hai aderito ad una campagna di telemarketing di fornitori di utenze, forse comprenderai quello che sto cercando di spiegarti.

Torniamo al tale di prima. 

Che ricordo avrà di me, poi?

Cosa dirà in giro del mio “brand”?

Quanti venditori poco bravi hanno rovinato la percezione del marchio agli utenti?

E quanti, invece, hanno fatto l’esatto  contrario?

Io parto da tutto un altro approccio e con un obiettivo che non si limita alla vendita immediata.

Se instauro un rapporto onesto, trasparente (cosa ho da nascondere?), cosa accadrà con molta probabilità?

Che la persona avrà iniziato a conoscermi attraverso i miei contenuti (utili, di valore) e avrà misurato il mio carattere e temperamento a seconda di come mi sono rivolto alla persona X che ha commentato il post, a come mi sono posto rispetto a tematiche legate ai miei valori, si renderà conto del mio approccio… e man mano capirà con chi ha a che fare.

Quando le persone sono pronte all’acquisto di qualcosa?

Quando lo dici tu o quando lo dicono loro?

Cosa succede oggi?

Molto probabilmente coloro  che sanno di avere un bisogno fanno ricerche e Google/Youtube diventano utili per raggiungere dei risultati.

Comparire in quei risultati non basta, ma intanto aiuta.

Ricordiamoci sempre che dopo la fase di ricerca, ci sono quelle di selezione e scelta, che sono ancora più delicate, intime e soggettive.

Se vuoi accompagnare le persone nel loro processo di scelta allora non puoi importi o fare pressing psicologico se vuoi ottenere risultati ottimali, sani e duraturi.

Ti faccio un altro esempio.

Seppure io segua e sia convinto che il Terzo Settore sia un mondo straordinario e che vada aiutato e sostenuto, sono indignato quando vedo rispettabilissime organizzazioni o ONG avere dei banchetti in strada in cui ragazzi/e ti approcciano in modi discutibili, chiedendoti una donazione e provando a giocare sul senso di colpa. 

Me lo sono ripromesso: una volta che mi accadrà di nuovo e avrò cinque minuti di tempo e lucidità mi fermo e racconto loro quando sia controproducente il loro lavoro su persone come me.

Si parla di disgrazie, ingiustizie sociali, disagi profondi e mi sento profondamente indignato al pensiero che al pari del venditore di enciclopedie mi si propini una vendita che dovrebbe essere una donazione consapevole e volontaria, magari giocando sul senso di colpa e con un approccio che oserei definirei “violento”, quasi di sberleffo e poco educato.

I contenuti aiutano, dunque, a farci trovare.

E poi?

Non so se ti è mai capitato di ascoltare con assiduità un podcast o di seguire una persona che pubblica costantemente dei video, ad esempio.

Non ti sembra di conoscerlo/a anche se non lo hai mai visto prima?

Non ti verrebbe di “dargli del tu” una volta che lo dovessi vedere dal vivo?

Capita anche con gli artisti del cinema o del settore musicale: li seguiamo e ci sembra di conoscerli da tempo.

Con il content marketing magari non diventi una “rockstar” ma inizi a “fidelizzare” persone: potenziali clienti/soci o già clienti/soci ad esempio. 

Anche a distanza.

Queste persone quando si rivolgeranno a te avranno l’approccio più corretto: le avrai educate con i contenuti e ti avranno scelto sposando il tuo stile ed apprezzando ciò che dimostri di conoscere.